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La necessità della previa pronuncia di separazione (ancorché consensuale) per accedere al divorzio
Nel trattare il tema della separazione personale dei coniugi non si può fare a meno di osservare come il nostro ordinamento giuridico preveda, per accedere alle procedure di divorzio, una necessaria previa procedura di separazione, ancorché consensuale (in tribunale o nella forma degiurisdizionalizzata della negoziazione assistita da avvocati). La separazione dei coniugi, nella maggior parte degli altri ordinamenti giuridici, è quasi sempre solo la situazione di fatto a cui consegue il divorzio (per esempio in Germania il divorzio è ammesso dopo un anno di separazione di fatto che salgono a tre se l’altro coniuge si oppone; in Inghilterra dopo due anni se il divorzio è consensuale o dopo cinque anni se manca il consenso dell’altro coniuge). In ogni caso anche dove prevista come procedura giudiziaria (come in Francia o in Spagna) non è mai obbligatoria prima del divorzio ma solo alternativa al divorzio.
La ragione di questa scelta del legislatore italiano, confermata anche dalla recente riforma Cartabia, ha ragioni evidentemente storiche e specificamente culturali del nostro Paese. Nessuna norma della Costituzione impedirebbe al legislatore ordinario di abrogare l’istituto della separazione, essendo invalicabile soltanto il principio di uguaglianza morale e giuridica dei coniugi (art. 29 Cost.) che non sarebbe in alcun modo mortificato dalla previsione del solo divorzio.
Negli ultimi anni il legislatore si è fatto, tuttavia, carico dell’esigenza di avviare una trasformazione che ha interessato anche il tema della tradizionale indisponibilità degli istituti che regolamentano la crisi della coppia coniugale, prevedendo procedure degiurisdizionalizzate (art. 6 e art. 12 del decreto-legge 12 settembre 2014, n.132, come modificato dalla legge di conversione 10 novembre 2014, n. 162), ma non cancellando neanche in questi casi l’istituto della separazione. Anche se effettuata, perciò, attraverso la negoziazione assistita o davanti all’ufficiale di stato civile, la separazione in questi casi è pur sempre una forma di separazione consensuale disciplinata però da regole diverse rispetto a quelle processuali tradizionali. Non bisogna fare l’errore di ritenere che esistano due separazioni consensuali. Si tratta della stessa separazione consensuale che i coniugi possono raggiungere con due modalità diverse anche se la convenzione di negoziazione assistita prevede obblighi di assistenza legale e di trasparenza nella trattativa (l’art. 2 parla espressamente di “buona fede e lealtà”) che non sono indicati per la separazione consensuale in tribunale[1].
Il legislatore degli ultimi anni è, però, se non altro, venuto incontro all’esigenza di non porre irragionevoli sbarramenti temporali alla possibilità di divorziare in tempi accettabili, introducendo norme di più rapido accesso al divorzio con la legge 6 maggio 2015, n. 55 (Disposizioni in materia di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio nonché di comunione tra i coniugi) a seguito della quale i coniugi possono chiedere il divorzio dopo dodici mesi dall'avvenuta comparizione innanzi al presidente del tribunale nella procedura di separazione personale e dopo sei mesi dalla separazione consensuale, anche quando il giudizio contenzioso si sia trasformato in consensuale, o dall’accordo di negoziazione. I tempi sono quindi più brevi rispetto ai tre anni che la normativa sul divorzio prevedeva prima di questa modifica. Non solo: la recente riforma Cartabia ha addirittura introdotto la possibilità di proporre la domanda di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio all’interno dell’atto introduttivo della separazione; in tal caso, come previsto dall’art. 472 bis.49 la domanda di divorzio è procedibile decorso il termine previsto dalla legge (sei o dodici mesi) e comunque a seguito del passaggio in giudicato della sentenza di separazione.
Infine, la legge 20 maggio 2016, n. 76 (Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze) ha abolito l’istituto della separazione (anche consensuale) per le unioni civili tra persone dello stesso sesso ammettendole al divorzio immediato (art. 1, comma 24).
[1] Su questi aspetti cfr la voce NEGOZIAZIONE ASSISTITA